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17/05/2013 -

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Riflessioni sul gesto di Giovanni Guarascio

vittoria-piazza-del-popolo1-470x352Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Aldo Dimartino sul gesto di Giovanni Guarascio. Dimartino è un ragusano che risiede da diversi anni a Lille, nel nord della Francia. Dopo aver conseguito la laurea con menzione in Lingue e Culture Straniere all’università di Lille III “Charles De Gaulle”, Dimartino ha cominciato a lavorare come professore d’italiano per scuole medie e superiori del Nord – Passo di Calais per conto del Provveditorato agli studi di Lille.

Come interpretare l’immolazione di Giovanni Guarascio? Che senso dare alla tragedia che si è consumata questo 14 maggio a Vittoria? La notizia, quella vera, non è il gesto scarno riportato sui giornali, senza rilievo critico, senza volontà di interpretazione. Ciò che fa riflettere non è la domanda “che cosa è successo?”, quanto piuttosto “come è potuto succedere?”. Proprio in questi giorni, il giornale di Arte, una rete franco-tedesca reputata per la qualità dei suoi programmi proponeva un dossier sulla grave situazione che in Europa ha portato diversi concittadini ad immolarsi. E’ un gesto di un’estrema violenza, ad immagine della profonda disperazione dei loro autori. Solo in Bulgaria, una decina di persone si sono date fuoco in segno di protesta negli ultimi mesi. Dimitar Dimitrov, l’unico sopravvissuto, “spera che il suo gesto non sia stato vano, che i responsabili politici ascolteranno infine la sofferenza della popolazione”, gente umile che non ha “nemmeno dieci centesimi per comperarsi il pane”. A Vittoria il sindaco Giuseppe Nicosia parla di “un atto di disperazione che si trasforma in tragedia”, “di una società affamata”, stremata. Quella stessa che pochi anni fa “si alimentava di un’agricoltura fiorente”. Parliamo di gente onesta, che vorrebbe onorare i debiti, ma che è travolta da una situazione economica globalmente difficile. E parliamo anche di istituzioni bancarie insensibili tranne che al suono della moneta, che spingono alla disperazione togliendo il necessario alla gente e che distribuiscono profitti in maniera non equa. Il capitale non produce più beni di consumo per il benessere della gente, ma genera altri soldi, sterili. Essere disperati non implica in sé una situazione analizzata al presente, ma una proiezione verso il futuro. Chi è disperato è solo, abbandonato. La gente capace di immolarsi ha perso ogni fiducia a causa dell’immobilità delle istituzioni. L’unica certezza che si prospetta è il deserto da attraversare, inaridito dall’insensibilità, inasprito dalla mancanza di valori di solidarietà, di bene comune. Pare che gli uomini politici non si occupino più della res publica, e se contestano negano se stessi e il loro ruolo. Pare che la repubblica non è più al servizio dei cittadini, ma in mano ai potenti che possono manipolarla. E tutto fa pensare che il sistema economico attuale giovi a chi è più avido e meno bisognoso. Come si fa a non sentirsi soli in tali circostanze? Come si può essere solidali quando il necessario per due viene dato ad uno solo? Come agire quando l’essenziale diventa il superfluo tra le mani di chi ha già troppo? Il gesto di Dimitar Dimitrov è dettato dalle stesse ragioni di Giovanni Guarascio. L’unica speranza, se ce n’è davvero una, è affidata alla forza di un gesto così esasperato. Al di là del fatto di cronaca, della notizia svuotata di senso critico, c’è un messaggio. E speriamo che faccia riflettere, per evitare che la storia si ripeta.

Aldo Dimartino

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